San Gimignano


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Profilo delle esperienze di potere personale e signorile in relazione al sistema politico:

Il dato principale che accomuna e caratterizza il complesso delle esperienze signorili sangimignanesi è senza dubbio l’origine esterna di queste: se si eccettua infatti il caso dei Baroncetti, le cui velleità di dominio trovarono un brusco e precoce altolà nel fallito moto di piazza del 1319, tutti i personaggi che esercitarono il dominio diretto nella città di Santa Fina provenivano da realtà lontane dalla Toscana. A ciò si aggiunga la loro comune origine (o vicinanza, nel caso di Gualtieri di Brienne) dalla casa d’Angiò, e il quadro d’insieme apparirà ancor più indicativo, sebbene bisognoso di alcune necessarie integrazioni circa il ruolo attivo e costante recitato da Firenze.

In questa ottica, la prima esperienza di dominio signorile affermatasi nel centro valdelsano presenta già quel complesso di caratteristiche politiche e istituzionali che caratterizzarono anche gli episodi successivi e più in generale la parabola politica del Comune sangimignanese. La sottomissione che la città (tradizionalmente accreditata di simpatie ghibelline) tributò a Carlo d’Angiò, nel mutato clima politico seguito all’affermazione nella battaglia di Benevento del 1266, fu infatti parimenti legata all’ascesa politica repentina del nuovo sovrano angioino, capace di accumulare incarichi e spazi di potere in tutta l’Italia centro-settentrionale, e all’esempio cogente di Firenze, paladina del guelfismo in Toscana e presenza sempre più ingombrante anche in quella parte di Valdelsa. Sul piano prettamente istituzionale l’inserimento all’interno della grande coordinazione politica messa in piedi da Carlo ebbe scarse ripercussioni sulla struttura del Comune (la modifica più rilevante fu la sostituzione del Podestà con il Vicario di nomina angioina); senz’altro più significative furono le implicazioni politiche legate all’avvento del nuovo regime, la cui azione contribuì senza dubbio a cementare l’adesione di San Gimignano – destinata a rivelarsi definitiva – allo schieramento guelfo-fiorentino toscano.

Dopo un inizio di secolo (il XIV) segnato dalla recrudescenza del secolare conflitto con Volterra, in un contesto caratterizzato dalla sempre più pervasiva penetrazione degli operatori economici fiorentini (e in misura minore senesi), si ebbe quindi il fallito tentativo dei Baroncetti di impadronirsi del potere: la contrapposizione fra l’elemento magnatizio e quello popolare – con i nostri, famiglia di estrazione e tradizione mercantile da poco tempo ascesa al vertice della società locale, legati al primo e mancanti di un seguito sufficiente nel secondo –, e forse il mancato supporto, se non l’ostilità, dei fiorentini per l’operazione, si rivelarono scogli impossibili da superare.

Nei decenni successivi fu l’esempio fiorentino, più o meno rafforzato dalle contingenze esterne, a rappresentare il fattore decisivo per l’affermazione di nuove esperienze di dominazione signorile. La concessione della signoria a Carlo di Calabria, giunta sulla scia di quella tributatagli da una Firenze incapace di opporsi all’azione di Castruccio Castracani, da un lato testimonia della necessità concreta di San Gimignano di appoggiarsi ad un potere più saldo in una fase di acuta crisi politica e militare, ma dall’altro, soprattutto, dimostra chiaramente il profondo livello di influenza ormai raggiunto dalla città dell’Arno. Dal punto di vista istituzionale il dominio del duca di Calabria non fu troppo diverso da quello del bisnonno, limitandosi in concreto la sua azione alla sostituzione di Podestà e Capitano con un proprio Vicario.

Ugualmente dipendente dall’esempio di Firenze, anche se condizionata dai contrasti interni al vertice del ceto dirigente sangimignanese, appare infine la parentesi signorile di Gualtieri di Brienne. Il nobile francese, destinato peraltro a tenere la signoria della città per poco più di quattro mesi, dalla metà di aprile alla fine di luglio del 1343, venne investito del dominio anche in risposta ai contrasti fra Salvucci e Ardinghelli – i due lignaggi principali di San Gimignano – che rischiavano di provocare l’intervento diretto di Firenze.

Volontà di conservare i propri spazi di manovra politica e necessità di mantenere inalterati i rapporti con i fiorentini, dunque, alla base di una scelta che per certi versi si rivelò una sorta di preludio all’assoggettamento (prima triennale, dal 1348, e poi definitivo, dal 1353) alla città del giglio.



Elenco cronologico degli Individui e delle Famiglie:

Individui:

Carlo d’Angiò (1267-1278 circa)

Fresco e Tribaldo Baroncetti (1319)

Carlo di Calabria (1327-1328)

Gualtieri di Brienne (1343)

Famiglie:

Angiò

Baroncetti



Bibliografia di riferimento:

L. Pecori, Storia della terra di S. Gimignano, Firenze, 1853 [rist. anastatica San Gimignano, 2006]; M. Serchi, San Gimignano dalle origini alla soggezione a Firenze, in «Miscellanea Storica della Valdelsa», LIX-LX, 1955, pp. 1-40, 3-46; F. Tacconi, Il Comune di San Gimignano dal 1300 al 1354, in «Miscellanea Storica della Valdelsa», LXIV, 1958, pp. 3-25, 48-71; LXV, 1959, pp. 39-57; LXVI, 1960, pp. 49-59; E. Fiumi, Storia economica e sociale di San Gimignano, Firenze, Olschki, 1961; M. Brogi, Il Comune di San Gimignano fino allo Statuto del 1314, in Gli albori del Comune di San Gimignano e lo statuto del 1314, a cura di M. Brogi, Siena, Cantagalli, 1995, pp. 11-38; C.M. de la Roncière, San Gimignano et les terre de Val d’Elsa à l’époque des Statuts, in Gli albori, pp. 39-52.

Note eventuali: