Carrara (da), Francesco II (Novello)


di:
Estremi anagrafici:

29 maggio 1359 – 17 gennaio 1406



Durata cronologica della dominazione:

29 giugno 1388 -11 febbraio 1389; 8 settembre 1390-17 novembre 1405.



Espansione territoriale della dominazione:
Origine e profilo della famiglia:

Titoli formali:

capitano generale di tutto il ‘popolo’.


Modalità di accesso al potere:

l’assunzione del potere di F. Novello a Padova avvenne in due fasi distinte. Una prima volta essa maturò sotto l’assedio congiunto delle truppe di Gian Galeazzo Visconti e della Repubblica di Venezia. Il padre di F. Novello, Francesco il Vecchio, pensò di cedere il potere al figlio (29 giugno 1388), sperando che in questo modo avrebbe salvato la città dall’occupazione. L’abdicazione era stata preceduta dall’emancipazione di F. dalla patria potestà (anche se egli aveva superato già l’età dei 25 anni) e dal trasferimento da parte del Vecchio al figlio di tutti i suoi beni, diritti, azioni, tra le quali era elencato anche il diritto di «civitates, ipsas, terras, opida, castra, villas et loca et in eis habitantes incolas et accolas regere et gubernare». L’elezione del nuovo signore avvenne nel palazzo pubblico, davani alla concio, e contemplò dapprima una presentazione panegiristica dell’aspirante dominus tenuta da due noti dottori legisti, rispettivamente un procuratore di Francesco il Vecchio e il podestà cittadino; quindi, ci fu la sanzione dello statuto comunale di conferimento dei poteri (si veda su questo tema il fondamentale P. Sambin, Statuti padovani inediti, II).

F. visse poi quasi due anni di febbrili e avventurose peregrinazioni alla ricerca di aiuti per recuperare la signoria, ed infine, complice anche la congiuntura politica generale che aveva visto crescere l’ostilità di Venezia e Firenze nei confronti del Visconti, alla testa di una milizia arruolata in Baviera, riuscì con un colpo di mano a rioccupare la sua città (21 giugno 1390) e a farsi conferire nuovamente il dominio di Padova (10 settembre 1390). Venezia offerse un tacito consenso (v. “legittimazioni”).


Legittimazioni:

La prima legittimazione si verificò nel contesto del comune. Formalmente, infatti, il passaggio della signoria dal padre al figlio contemplò dapprima un ‘passaggio comunale’: il «dominium et capetaneatum» tornò infatti alle istituzioni cittadine (podestà, anziani, gastaldi, popolo). Dopodiché fu nel contesto della pubblica assemblea che al signore venne conferito il dominatus.

Dopo l’esperienza effimera del 1388 F. assunse pienamente i poteri signorili con una solenne cerimonia nel 1390. Secondo i Gatari (p. 431 e segg.) il 10 settembre 1390 F. ebbe riconosciuto il titolo di signore dagli Anziani nel Palazzo della Ragione, alla presenza del duca di Baviera, Stefano, degli ambasciatori di Firenze e Bologna e quindi di tutto il «povolo (...) pizoli e grandi, e maschi e femine». Gli venne dapprima conferito il gonfalone con l’arma del «povolo di Padova, in segno di çienerale capitanio di tuto el povolo»; poi gli fu data la «bacheta biancha in segno de signoria e di dominacione di tuto il povollo e dela citade». Infine gli fu fatto giurare di mantenere la giustizia «e di non cometer may contra el comun de Padoa alcuna cosa obrobrioxa, e senpre qullo contra suoy nemixi defendere, e de oservare e fare oservare i statuti del comun de Padoa» (ivi, p. 432).

Nel 1402 F. ottenne anche la conferma del titolo di vicario imperiale da Roberto di Baviera, a fianco del quale aveva in precedenza vanamente tentato di attaccare i domini viscontei.


Caratteristiche del sistema di governo:

F. subentrò al padre ereditandone fin dalla prima investitura del 1388 l’assolutismo formale, che gli conferiva l’arbitrium, cioè un potere decisionale pieno. Tutti i magistrati comunali gli dovevano obbedienza. Il signore, inoltre, diversamente da quanto stabilito nello statuto del 1351 che aveva conferito il potere al padre, poteva intervenire anche sui diritti comuni della propria città e delle città sottomesse; F. e i suoi discendenti erano «legibus absoluti», titolati di tutti i privilegi imperiali («omnibus privilegiis, commodis, favoribus et honoribus imperialibus decorati»; Sambin, p. 26), autorizzati a compiere qualunque transazione onerosa in città, nel distretto e nei distretti subordinati. Sotto il governo di F. giunsero così a maturazione alcune trasformazioni avviate dai suoi predecessori. In particolare, il riferimento va al consilium domini, certamente operativo negli anni ottanta, ma meglio definito negli anni novanta dall’adozione di «procedure più incisive», dall’uso di uno specifico sigillo, dall’emanazione di decreta consiliariorum (Varanini 2005, p. 62). Del Consilium facevano parte una decina di membri, divisi tra milites di altissimo rango (Raimondino Lupi di Soragna, ad esempio), tecnici del diritto di estrazione per lo più locale, esponenti di famiglie emerse sotto il dominio signorile (Varanini 1995, p. 48).  Da sottolineare anche il forte controllo esercitato sulle istituzioni ecclesiastiche (vedi voce). Trovò inoltre compimento in questa fase la suddisivione del territorio in cinque podesterie e sette vicariati (1397), in ragione del quale si è rimarcata la particolare compattezza giurisdizionale del contado padovano (Collodo 2003, p. 152). Sembra allentarsi, invece, la capacità di controllo da parte del signore sulla manifattura laniera. Dopo il biennio di dominazione viscontea, infatti, durante il quale era stato smantellato il fondaco signorile dei panni, la corporazione si organizzò in proprio, e a F. rimase solo il diritto di nomina del rettore (Collodo 2005, p. 34).


Sistemi di alleanza:

è forse questo l’aspetto più complesso della politica del Carrarese. L’obiettivo del signore fu costantemente quello di consentire a Padova di giocare un proprio ruolo in un quadro di poteri regionali che andava polarizzandosi attorno alle due grandi potenze di Milano e Venezia. La geografia variabile delle alleanze stabilite da F. Novello tra il 1390 e il 1405 può essere seguita nel dettaglio nella voce a lui dedicata nel DBI. Qui ci si limita a segnalare che in linea di massima il Carrarese fu tra gli animatori e i protagonisti di diverse leghe in funzione antiviscontea, con l’espresso appoggio di Firenze e sotto l’attenzione guardinga di Venezia. Rientravano in questa strategia anche i patti matrimoniali stipulati da F.: nel 1397 la figlia Gigliola andò sposa a Nicolò III d’Este, mentre il figlio Francesco (III) sposò Alda Gonzaga; nel 1403, poi, un altro figlio di F., Giacomo, sposò Bellafiore da Camerino.

Come già per il suo rientro a Padova nel 1390, il Novello tra il 1401 e il 1402 ricorse anche ad un aiuto proveniente dalla Germania, ovvero dall’imperatore Roberto di Baviera, che in effetti scese in Italia attirato soprattutto in realtà dalle offerte di denaro fiorentine. Ma i risultati mancarono.

Il vero nodo irrisolto della politica padovana sotto la signoria del Novello, specie dopo la morte di Gian Galeazzo Visconti (1402), furono però i rapporti con la Repubblica di Venezia. La potenza lagunare aveva dapprima acconsentito al ripristino dell’autorità carrarese a Padova, tra il 1390 e il 1392, favorendo un compromesso con il Visconti che obbligava il Novello al pagamento di un tributo annuo a Gian Galeazzo. Ma il Novello non intendeva sottostare agli obblighi nei confronti del Visconti, né accettare la tutela veneziana. Alleatosi dunque con Guglielmo della Scala e i suoi figli Brunoro e Antonio tentò tra il 1403 e il 1404 di creare uno ‘stato carrarese’ nel Veneto centrale, approfittando anche della iniziale non opposizione di Venezia, che vedeva di buon grado un ridimensionamento visconteo nella pianura tra Adige e Brenta. Ma la Serenissima non tollerò poi il tentativo carrarese di occupare Vicenza e ne trasse anzi il pretesto per provocare il Novello, che a sua volta non si sottrasse alla sfida, contando su aiuti esterni. Tuttavia Firenze, su cui maggiormente sperava il Carrarese, non volle scendere in campo. Si giunse così rapidamente all’assedio e alla caduta di Padova (luglio-novembre 1405), e alla fine dei Carraresi.


Cariche politiche ricoperte in altre citt?:

Legami e controllo degli enti ecclesiastici, devozioni, culti religiosi:

proseguì nella politica paterna (v. Francesco il Vecchio) di controllo delle istituzioni ecclesiastiche e religiose cittadine. Il punto di arrivo di questa strategia fu raggiunto nel 1396, quando riuscì a far nominare amministratore della diocesi il figlio illegittimo Stefano, che nel 1402 venne anche eletto vescovo (Rigon 2005, p. 75). Non fu estraneo comunque a F. l’intento di riordinare l’amministrazione dei beni ecclesiastici sulla base di un principio di buon governo: nel 1399 viene infatti creata la magistratura dei deputati et officiales circa reparationem ecclesiarum (Gaffuri-Gallo, p. 954).


Politica urbanistica e monumentale:

la gran parte delle iniziative di questo tipo di età carrarese sono ricondotte all’iniziativa del padre, Francesco il Vecchio. Francesco il Giovane intervenne forse per completare le iniziative avviate dal padre, in particolare per quel che riguarda il castello urbano.


Politica culturale:

con il rientro di F. a Padova nel 1390 la Corte carrarese tornò, sia pure con esiti meno clamorosi, al mecenatismo che aveva contraddistinto l’operato di Francesco il Vecchio. Il signore di Padova aveva avuto un’educazione militare, ma aveva frequentato anche il circolo intellettuale che gravitava attorno alla curia e alla cancelleria signorile. Non stupisce, dunque, che egli si sia impegnato nel recupero della biblioteca carrarese, dispersa dopo l’occupazione viscontea; nel 1404 egli possedeva certamente una sessantina di codici, ad interesse prevalentemente medico-naturalistico o cronachistico (Lazzarini 1976, p. 502). A proposito della produzione cronachistica (v. anche Francesco il Vecchio), durante la signoria del Novello i Gesta magnifica domus Carrariensis, il florilegio cronachistico composto presso la cancelleria carrarese tra la fine della signoria del Vecchio e la prima parte della signoria del Giovane,  con l’aggiunta della Storia della guerra per i confini di Nicoletto d’Alessio e la Ystoria de mesier Francesco Zovene (scritta da un non meglio definito “familiare carrarese”), vennero copiati in un codice di lusso, l’attuale Marc. Lat. X 381. Il testo autografo dell’opera di Nicoletto è conservato in un codice custodito oggi presso l’Accademia Patavina.

Quanto ai rapporti con l’università, un certo interesse del Novello per quella realtà può essere colto nel suo proporsi come mediatore e arbitro nelle controversie tra l’università dei giuristi e quella degli artisti (1399; v. Gallo 1998, pp. 40-41). Nel 1390, poi, F. fece dono al cugino Pileo da Prata, cardinale di Ravenna, di una casa (Casa della Moneta o Casa Rossa), che divenne poi un collegio universitario (Collegio Pratense).


Consenso e dissensi:

l’avvio non facile della signoria di F. è segnato anche da alcune defezioni. La più clamorosa è quella della famiglia Naseri, una famiglia di affaristi legati per due decenni da stretta familiarità ai Carraresi, di cui curavano gli interessi patrimoniali. Nel 1388 i Naseri si convinsero che i signori di Padova non avrebbero più avuto alcuna possibilità di recupero, e si associarono ai Visconti. Al rientro di F., nel 1390, essi di fatto scomparvero da Padova. Il rapporto di F. con la società padovana appare in tutta la sua complessità al momento della caduta della signoria. Nel corso della guerra il signore si rivolge spesso al ‘populus’ per ottenere l’avallo alle sue decisioni. Ma nel momento in cui la sconfitta si profila in modo più netto emergono le fratture. Il cronista trevigiano Andrea di Redusio da Quero ricordava che, all’invito a scalare il muro e la torre delle Torricelle, rivolto dal Novello ai suoi concittadini assediati dai veneziani nel 1405,  uno di questi avrebbe risposto: «Descende de equo, et vadas tu, qui te et nos in tantum exterminium coniecisti». A quel punto Francesco Novello avrebbe deciso di arrendersi, «dubitans a civibus interfici, quibus odio erat». E ancora, il bellunese Clemente Miari ricorda nella sua cronaca che, in occasione del suo viaggio a Padova nel dicembre del 1405, dopo la caduta della città, aveva visto «dinanzi i prefati messeri podestà e capitano, molte venerabili matrone di Padova, lamentando che messer Francesco da Carrara, già signore di Padova, aveva uccisi colle proprie mani i loro mariti, e ne avea fatti gettare i cadaveri nella latrina».

Al di là di queste dichiarazioni, probabilmente non prive di astio partigiano, sappiamo che l’ambasceria del comune patavino che andò a trattare la dedizione a Venezia, chiese, senza ottenerlo, che F. fosse salvato in quanto «zitadino de Padoa».


Giudizi dei contemporanei:

L’Ystoria de Mesier Francesco Zovene, opera di un cortigiano, non meglio definito, che ha assorbito «l’orgoglio per la grandezza della famiglia, come se fosse la propria»(Arnaldi-Capo 1976, p. 329).  Nel suo racconto, dunque, «l’inclito messir Francesco Zovene», educato per essere «affabele, liberale e gratioxo a zaschaun», fu soprattutto protagonista di «splendide bataye».  Più articolato il giudizio dei Gatari. Il loro orizzonte è sempre civico, e sul bene della città commisurano e valutano l’operato del signore. Così, ad esempio, commentano il rifiuto di comprare Brescia per 12.000 fiorini, opposto da F. ai rettori della città nel 1403: «Che maladeta sia la sua [del Novello] avaricia, che fu caxione de tanti danni! Ché se ’l signore avesse spexo quilli ducati XIIm era scanpo dela morte de più migliara de persone e sua vitoria de suo stado». Ma non mancano nel testo accenti di pietà per il destino della famiglia e di sincera ammirazione per il valore militare del signore.


Fine della dominazione:

il 17 novembre 1405 i Veneziani riuscirono ad occupare Padova, dopo un assedio durato cinque mesi. Il Carrarese dovette recarsi a Venezia per trattare la resa, ma qui dopo qualche giorno venne tradotto in carcere dove venne assassinato insieme ai figli Francesco e Giacomo il 17 gennaio 1406.


Principali risorse documentarie:

Bibliografia delle edizioni di fonti e degli studi:

si rimanda in questa sezione innanzitutto alla voce in DBI, XX, 1977, a cura di C. Ganguzza Billanovich (http://www.treccani.it/enciclopedia/carrara-francesco-da-il-novello_%28Dizionario-Biografico%29/); si segnalano inoltre i seguenti contributi: Andrea de Redusiis de Quero, Chronicon Tarvisinum ab anno MCCCLXVIII ad annum MCCCCXXVIII, Mediolani MDCCXXXI (RIS, 1 ed., tomus XIX);  F. Ercole, Comuni e Signori nel Veneto (Scaligeri Caminesi Carraresi). Saggio storico-giuridico, in Id., Dal Comune al Principato. Saggi sulla storia del diritto pubblico del Rinascimento italiano, Firenze 1929, pp. 53-118; P. Sambin, Statuti padovani inediti, II, Il conferimento della signoria a Francesco II da Carrara – 1388, «Memorie dell’Accademia Patavina di Scienze, Lettere e Arti. Classe di Scienze Morali, Lettere ed Arti», vol. LXXIII (1960-61), pp. 3-27;

G. Arnaldi – L. Capo, I cronisti di Venezia e della Marca Trevigiana, in Storia della cultura veneta, 2, Il Trecento, Vicenza 1976, pp. 272-337;  L. Lazzarini, La cultura delle signorie venete e i poeti di corte, in Storia della cultura veneta, pp. 477-516; S. Collodo, Una società in trasformazione. Padova tra XI e XV secolo, Padova 1990, parte III, Economia e istituzioni del periodo carrarese (Credito, movimento della proprietà fondiaria e selezione sociale; Lo sfruttamento dei benefici canonicali; La pratica del potere; Signore e mercanti: storia di un’alleanza), pp. 195-403; L. Gaffuri e D. Gallo, Signoria ed episcopato a Padova nel Trecento: spunti per una ricerca, in Vescovi e diocesi in Italia dal XIV alla metà del XVI secolo, a cura di G. De Sandre Gasparini, F.G.B. Trolese, G.M. Varanini, Roma 1990, II, pp. 923-957; G. M. Varanini, Istituzioni, politica e società nel Veneto (1329-1403), in Il Veneto nel medioevo. Le signorie trecentesche, a cura di A. Castagnetti e G. M. Varanini, Verona 1995, pp. 1-123; D. Gallo, Appunti per uno studio delle cancellerie signorili venete nel Trecento, in Il Veneto nel medioevo. Le signorie trecentesche, pp. 125-161; B.G. Kohl, The Paduan Elite under Francesco Novello da Carrara (1390-1405). A selected prosopography, «Quellen und Forschungen aus Italienischen Archiven und Bibliotheken», 77 (1997), pp. 226-233; B. G. Kohl, Padua under the Carrara, 1318-1405, Baltimore-London 1998; C. Miari, Cronaca bellunese dal 1383 al 1412, ristampa a cura di P. Doglioni, Belluno 1999;  M. Zabbia, I notai e la cronachistica cittadina italiana nel Trecento, Roma 1999; D. Gallo, Università e signoria a Padova dal XIV al XV secolo, Trieste 1998; S. Collodo, Padova nel Trecento, in Cultura, arte e committenza nella basilica di S. Antonio di Padova nel Trecento, a cura di L. Baggio, M. Benetazzo, Padova 2003, pp. 1-15; S. Collodo, I Carraresi a Padova: signoria e storia della civiltà cittadina, in Padova carrarese, a cura di O. Longo, Padova 2005, pp. 19-48; G. M. Varanini, Signorie venete nel Trecento. Spunti comparativi, in Padova carrarese, pp. 49-68; A. Rigon, Vescovi e signoria nella Padova del Trecento, in I Carraresi, pp. 69-81; G. Lorenzoni, Urbanistica ed emergenze architettoniche nella Padova carrarese, in Padova carrarese, pp. 95-117; S. Collodo, Ordine politico e civiltà cittadina a Padova nel Trecento, in Il secolo di Giotto nel Veneto, a cura di G. Valenzano e F. Toniolo, Venezia 2007, pp. 309-333; D. Canzian, L’assedio di Padova del 1405, in Città sotto assedio (Italia, secoli XIII-XV)

a cura di D. Degrassi e G.M. Varanini, «Reti medievali - Rivista», VIII (2007), pp. 1-26, http://fermi.univr.it/rm/rivista/dwnl/saggi_canzian.pdf; R. Simonetti, Da Padova a Venezia nel Medioevo. Terre mobili, confini, conflitti, Roma 2009; Guida alla Padova carrarese, supervisione storica di S. Collodo, testi di E. Antoniazzi, F. Businaro, S. Collodo, Vicenza 2011.


Apporti nuovi di conoscenza:

Note eventuali: