Gherardesca, Ranieri della


di:
Estremi anagrafici:

1252 circa-1325



Durata cronologica della dominazione:

Pisa: 1320-1325



Espansione territoriale della dominazione:
Origine e profilo della famiglia:

Vedi scheda famigliare.

Ranieri era figlio del conte Gherardo decapitato a Napoli, nel 1268, insieme a Corradino di Svevia.


Titoli formali:

Capitaneus pisani populi, luglio-agosto 1316. Capitaneus utriusque masnade pisani comunis ab equo capitaneus generalis, 1320-1325. Pisani populi defensor, giugno 1322-1325.


Modalità di accesso al potere:

Ranieri era una figura già in vista in città quando il nipote Gherardo, nel 1316, assurse ai vertici della politica pisana. Oltre al prestigio familiare, almeno due episodi, nel recente passato, avevano contribuito a metterlo in luce. Nel 1313 egli ospitò Enrico VII durante il suo secondo soggiorno in città; nel 1315 fu tra i principali protagonisti della battaglia di Montecatini, vinta dalle forze pisane e ghibelline guidate da Uguccione della Faggiola, sulle truppe fiorentine e guelfe. Al termine dello scontro Ranieri si fece armare cavaliere sul cadavere di Carlo d’Angiò, nipote di re Roberto.

Non ci sono attestazioni documentarie che attestino un passaggio formale di consegne, una successione ritualizzata, tra Gherardo e Ranieri. Del resto, non solo la morte di Gherardo giunse improvvisa nel 1320, ma a quell’altezza cronologica Gaddo non ricopriva alcuna carica formale, che potesse eventualmente essere trasmessa tramite una cerimonia, pubblica o privata, allo zio.

Per l’ascesa della famiglia ai vertici della vita politica pisana cfr. scheda famiglia Della Gherardesca.


Legittimazioni:

La più importante fu senz’altro la nomina a defensor populi, ottenuta nel giugno del 1322. Nel febbraio del 1323 Ranieri e i suo familiari conseguirono una ulteriore legittimazione grazie all’inserimento – unico caso nella storia dei domini pisani - di una apposita rubrica all’interno del Breve del «popolo». Il primo di 23 nuovi capitoli voluti dalle autorità pisane, intitolato «Dei signori conti da Donnoratico» si apre con le seguenti parole: «Manifestamente si congnosce, et etiandio con aperti occhi della mente e del corpo chiaramente si vede, così per ragione del prezente tempo, come del passato, et Domino concedente, del futuro, che della buona memoria in qua dirieto messer Gherardo da Donnoratico conte, et le suoie herede et successori, funno, et sono, et sempre, Domino concedente, saranno protectori et difensori del nostro populo di Pisa, et per lui et per li suoi homini, li lor beni et le lor persone sempre àno esposto […]». E poi ancora : «[…] messere lo conte Ranieri, et li suoi figliuoli, et messer Fasio conte in qua dirieto della buona memoria di messer Gherardo conte da Donnoratico, siano giudicati, siano et essere s’intendano popolari, et del populo di Pisa, et dei giurati in populo, sì come quelli che sono u che funno veramente Anziani del populo di Pisa; et quello medesimo privileggio et auctorità uzino, per virtù della prezente constitussione, che uzano quelli che meglio et più ragionevilmente sono stati Anziani del populo di Pisa, et meglio ànno exercito l’officio».


Caratteristiche del sistema di governo:

Gli assetti istituzionali che Ranieri trovò quando ascese ai vertici della vita politica cittadina, nel 1320, erano gli stessi che aveva trovato il nipote Gherardo: un Comune di «popolo» nel quale Anziani e sapientes avevano ormai drasticamente limitato la capacità di azione dei consigli civici. Con Gherardo, in particolare, avevano acquisito centralità le commissioni di sapientes, che coadiuvavano gli Anziani nelle loro mansioni. Tuttavia, è proprio sul piano delle modalità di interazione con il Comune di «popolo» che notiamo le principali differenze tra le scelte di Ranieri e quelle di Gherardo. La nomina di Ranieri a defensor populi, nel 1322, innescò cambiamenti rilevanti nella prassi di governo. In poco più di un anno, tra il novembre del 1323 e il dicembre del 1324, cambiarono le procedure di elezione di alcuni ufficiali del Comune, alle quali iniziò a partecipare anche Ranieri, in veste di defensor populi.

Il nuovo e intenso legame che egli strinse con il «popolo», siglato dalla nomina a defensor, estese il baricentro della vita politica dalla piazza e dal palazzo degli Anziani alla casa del defensor. Questi inaugurò un procedimento di consultazione a distanza con i dodici Anziani, che coinvolgeva in primo luogo il prior antianorum di turno, l’Anziano che coordinava e dirigeva le attività dei propri colleghi, nei due mesi in cui ciascun collegio anzianale restava in carica. In diverse occasioni un Priore si recò a casa di Ranieri per ascoltarne il parere sulle questioni all’ordine del giorno. Al momento dell’elezione del conte a defensor populi il priorato era ormai appannaggio di un gruppo eminente di personaggi, membri della ristretta cerchia di famiglie del gruppo dirigente popolare. La nuova prassi introdotta da Ranieri conferì ulteriore legittimità a quella carica e contribuì a delineare un nuovo ambito di distinzione, che ora definiva non solo i più in vista tra i populares, ma anche quelli che avevano la possibilità di frequentare con maggiore assiduità il defensor, varcandone la soglia di casa.

È da segnalare infine, che proprio al tempo di Ranieri, nel maggio del 1322, fece la comparsa in città un nuovo ufficiale forestiero, il conservator boni et pacifici status. Creato per far luce sugli scontri che il giorno della festa dell’ascensione avevano opposto Lanfanchi e Da Caprona (cfr. Consenso e dissensi), esso divenne ben presto un elemento stabile nel panorama istituzionale locale, fino al punto di divenire, nei decenni successivi, il principale ufficiale forestiero locale.


Sistemi di alleanza:

In politica estera Ranieri non si distaccò dalle scelte che aveva compiuto il nipote Gherardo, sostenuto dalle più importanti famiglie mercantili pisane, desiderose di tornare ad una situazione di non belligeranza con le potenze vicine, prima tra tutte Firenze. L’ascesa di Castruccio Castracani sulla scena politica peninsulare rese più difficile attuare il piano. Infatti, con la scomparsa di Uguccione, proprio Castruccio ne aveva preso il posto quale punto di riferimento toscano della rete ghibellina del nord Italia. Tra il 1320 e il 1322 egli aveva stretto intensi legami con Pisa nel contesto di una alleanza antifiorentina, ma il potere sempre più ampio che stava conquistando in Toscana mise a repentaglio la sopravvivenza del regime di Ranieri. La politica espansionistica di Castruccio, diretta in primo luogo contro Firenze, fece guadagnare al signore di Lucca il favore e l’appoggio di diversi esponenti di quelle famiglie nobili pisane, Lanfranchi, Gualandi, Sismondi che già in passato si erano riconosciute nel ghibellinismo più intransigente e antifiorentino. Il Castracani era ormai il principale referente toscano di una nuova trama di rapporti interregionali che poteva contare sui Visconti di Milano, gli Scaligeri e su Ludovico il Bavaro. Le più importanti domus aristocratiche pisane incarnavano ancora una nobiltà desiderosa, e al contempo capace, di muoversi in una dimensione sovracittadina. L’arrivo di un dominus forestiero avrebbe limitato l’autonomia cittadina, ma Castruccio avrebbe potuto offrire nuove opportunità di governo proprio a quei nobili che, a causa dell’alleanza tra i Donoratico e le più importanti famiglie di «popolo», vedevano giorno per giorno fortemente ridimensionata la propria capacità di incidere sulla vita politica.


Cariche politiche ricoperte in altre citt?:

Legami e controllo degli enti ecclesiastici, devozioni, culti religiosi:

Politica urbanistica e monumentale:

A partire dal 1322, da quando furono in voga le riunioni dei priores antianorum presso la casa di Ranieri, quest’ultima divenne un nuovo polo – accanto a quelli già esistenti, come il palazzo degli Anziani – in cui si gestiva il potere e si prendevano le decisioni più importanti per conto della civitas. Tuttavia, il percorso politico di Ranieri e quello pedonale degli Anziani che si recavano presso l’abitazione del conte non generarono ripercussioni durature né sul panorama istituzionale-documentario, né su quello urbanistico-architettonico. Soltanto Ranieri, infatti, praticò una simile modalità di relazione con gli Anziani, e così la casa di famiglia non assurse al ruolo di durevole polo del potere, complementare o alternativo al palazzo degli Anziani. Ciò spiega anche perché non vi siano tracce nella documentazione pubblica superstite di una particolare attenzione o cura riservata alla domus dei Donoratico da parte delle pubbliche magistrature, nemmeno negli anni in cui prima il pronipote del defensor, Bonifazio, poi il figlio di quest’ultimo, Ranieri Novello, vissero le rispettive parabole di potere, rispettivamente tra il 1329 e il 1340 e tra il 1341 e il 1347.


Politica culturale:

Consenso e dissensi:

L’investimento che Ranieri compì attingendo alla cultura politica popolare contribuì ad allontanare irrimediabilmente i nobili Donoratico, schierati ormai apertamente con il «popolo», dal resto dell’aristocrazia pisana. A ben vedere, la stessa nomina di Ranieri a defensor, nel giugno del 1322, arrivò al termine di un periodo di gravi tensioni, anche e soprattutto con la nobiltà locale. Nel maggio precedente, infatti, Ranieri e i suoi sostenitori avevano dovuto fronteggiare gravi pericoli, provenienti tanto dall’esterno – da parte di Castruccio Castracani allora signore di Lucca – quanto dall’interno, a causa appunto di tensioni tra i Lanfranchi, strenui oppositori dei Donoratico, e i da Caprona, tra i principali sostenitori di questi ultimi. Nell’ottobre del ‘23 ci fu una nuova congiura, organizzata ancora una volta da un Lanfranchi, Betto Malepa, per porre fine al potere di Ranieri e poi ancora altri due tentativi fino al 1325, anno della morte di Ranieri.


Giudizi dei contemporanei:

Fine della dominazione:

Morte.


Principali risorse documentarie:

La scomparsa della documentazione pubblica emanata nel triennio 1319- 1321 ha profondamente condizionato la conoscenza di quel periodo della storia pisana. Gli storici che si sono occupati dei quegli anni hanno provato a colmare tali lacune ricorrendo a fonti cronisti che e documentazione di provenienza extra pisana, senza tuttavia riuscire  a sortire risultati soddisfacenti.

Archivio di Stato di Pisa, Comune, Divisione A, nn. 49, 50, 74, 88-91, 197; Ibidem, Dipl. Coletti, 1316 gennaio 11; Ibidem, Dipl. Pia Casa di Misericordia, 1305 marzo 5, 1313 marzo 13; Ibidem, Dipl. Roncioni, 1321 giugno 9;


Bibliografia delle edizioni di fonti e degli studi:

Fonti: Statuti inediti della città di Pisa dal XII al XIV secolo, a c. di F. Bonaini, 3 voll. ,

Firenze 1854.-1870; H. Finke, Acta Aragonensia. Quellen zur deutschen, italienischen, französischen, spanischen, zur Kirchund Kulturgeschichte, aus der diplomatischen Korrespondenz Jaymes II. 1291-1327, 3 voll., Berlin-Leipzig 1908-1922; Ranieri Sardo, Cronaca di Pisa, a c. di O. Banti, Roma 1963; I Brevi del Comune e del Popolo di Pisa dell’anno 1287, a c. di A. Ghignoli, Roma 1998 (Fonti per la storia dell’Italia medievale, Antiquitates, 11); Cronica di Pisa. Dal ms. Roncioni 338 dell’Archivio di Stato di Pisa. Edizione e commento, a cura di C. Iannella, Roma 2005 (Fonti per la storia dell’Italia medievale, Antiquitates, 22), R. Granchi, De preliis Tuscie, a cura di M. Diana, Firenze 2008.

Studi: G. Rossi Sabatini, Pisa al tempo dei Donoratico (1316-1347). Studio sulla crisi costituzionale del Comune, Firenze 1938; E. Cristiani, Nobiltà e popolo nel Comune di Pisa. Dalle origini del podestariato dalla signoria dei Donoratico, Napoli, 1962; M. L. Ceccarelli, Della Gherardesca Ranieri, in Dizionario Biografico degli italiani, vol. XXXVII; Ead., Nobiltà territoriale e Comune: i conti della Gherardesca e la città di Pisa (secoli XI-XIII), in, Medioevo pisano. Chiesa, famiglie, territorio, Pisa 2005, pp. 163-258, (già in Progetti e dinamiche nella società comunale italiana, a. c. di R. Bordone, G. Sergi, Napoli 1995, pp. 31-100;  M. Tangheroni, Politica, commercio e agricoltura a Pisa nel Trecento, Pisa 2002, (1ª ed. 1973); A. Poloni, Trasformazioni della società e mutamenti delle forme politiche in un Comune italiano: il Popolo a Pisa (1220-1330), Pisa 2004; G. Ciccaglioni, Conservator boni et pacifici status. Alcune osservazioni sugli equilibri politico istituzionali a Pisa nel Trecento, in C. Iannella (ed.). Per Marco Tangheroni. Studi su Pisa e sul Mediterraneo medievale offerti dai suoi ultimi allievi. Pisa 2005.


Apporti nuovi di conoscenza:

Note eventuali: