della Scala, Cansignorio (nato Canfrancesco)


di:
Estremi anagrafici:

1340-1375



Durata cronologica della dominazione:

1359-1375



Espansione territoriale della dominazione:

Vedi scheda famiglia della Scala. La città capitale è Verona.

Origine e profilo della famiglia:

Vedi scheda famiglia della Scala. Cansignorio era figlio secondogenito di Mastino (II) della Scala e Taddea da Carrara, nonché fratello di minore di Cangrande (II) e maggiore di Paolo Alboino.


Titoli formali:

Vicario imperiale a Verona e Vicenza (1368); nei diplomi prodotti dalla cancelleria scaligera Cansignorio e i fratelli sono definiti capitanei et domini generales di Verona e Vicenza.


Modalità di accesso al potere:

Nel giugno 1351 Alberto (II), rimasto unico dominus generalis di Verona e Vicenza dopo il decesso di Mastino (II), autorizzò le autorità municipali di Verona a trasmettere l’arbitrium in solido ai figli del fratello: Cangrande (II), Cansignorio e Paolo Alboino. Inizialmente fu Cangrande (II) a esercitare l’effettivo potere, essendo i fratelli ancora piccoli, ma il 14 dicembre 1359 Cansignorio lo assassinò per prenderne il posto, come effettivamente avvenne dopo essere fuggito a Padova e rientrato a Verona con l’appoggio delle truppe di Francesco il Vecchio da Carrara. Nel 1365, dopo aver recluso Paolo Alboino nel castello di Peschiera, rimase de facto e de iure l’unico dominus dello Stato scaligero.


Legittimazioni:

Il primo riconoscimento dell’arbitrium a Cansignorio avvenne nel 1351, in pleno et generali maiori consilio civitatis Verone, e riguardò anche gli altri due fratelli; la procedura fu ripetuta alla fine del 1359, dopo l’assassinio di Cangrande (II), e anche questa volta coinvolse Paolo Alboino. In questa seconda occasione, però, fu introdotta una novità nell’atto di attribuzione del potere, che per la prima volta nella storia della signoria scaligera prevedeva la trasmissione ereditaria dell’arbitrium. Nel 1368 l’imperatore Carlo IV confermò a Cansignorio il vicariato imperiale per Verona e Vicenza.


Caratteristiche del sistema di governo:

Durante il quindicennio della signoria di Cansignorio l’organizzazione dello Stato signorile produsse interessanti sviluppi. A differenza dei predecessori, Cansignorio convocò ripetutamente il Consiglio maggiore della città, almeno tra il 1367 e il 1369, per discutere i trattati commerciali con Venezia. Inoltre, accentuò i processi di centralizzazione amministrativa, a partire dall’istituzione di un consiglio di governo, cui erano ammessi i principali collaboratori del signore per l’attività politica e diplomatica d’alto livello. In questo stesso periodo, la “fattoria” scaligera definì più chiaramente la propria funzione di coordinamento dell’intero apparato fiscale, e anche il governo dei contadi di Verona e Vicenza fu perfezionato con l’introduzione del capitaniato, una magistratura  inizialmente militare e in seguito con responsabilità civili. Per quanto concerne la politica economica, è accertato l’impegno del signore scaligero a favore della manifattura tessile delle due città soggette. Resta da approfondire, invece, l’ipotesi di una maggiore preferenza per i collaboratori di origine veronese e vicentina, rispetto a quelli provenienti da altri centri, in un’ottica di consolidamento dello Stato scaligero attraverso un più accentuato coinvolgimento dei ceti dirigenti locali e il reclutamento di cives di più recente fortuna.


Sistemi di alleanza:

Diviso tra l’amicizia con Bernabò Visconti (suo cognato) e quella con il papato, due poteri in conflitto fra loro, Cansignorio finì per aderire allo schieramento antivisconteo (lega di Ferrara, 1362), non ultimo per ostilità contro i Gonzaga di Mantova, alleati proprio dei Visconti e ormai avversari degli Scaligeri. Alla momento della pace di Bologna (1364), però, Cansignorio e Bernabò Visconti sembravano tornati a rapporti più sereni.

In seguito la politica estera veronese fu contrassegnata da una estrema prudenza e una sostanziale neutralità, in parte dovute alle difficoltà interne, in parte riconducibili alla presunta congiura ordita da Paolo Alboino nel 1365. Rimase comunque una costante nella politica estera di Cansignorio l’ostilità nei confronti di Mantova, maturata sin dai tempi di Mastino (II) e segnata da cospirazioni e alcuni scontri bellici, come accadde nel 1368. Buone, invece, si conservarono le relazioni con Venezia, anche durante la “guerra dei confini” del 1372-1373, durante la quale Cansignorio cercò di non compromettersi,  nonostante le pressioni diplomatiche esercitate dai contendenti, cioè Francesco il Vecchio da Carrara e la Serenissima.

I matrimoni scaligeri celebrati durante la signoria di Cansignorio riflettono i mutati equilibri del sistema di alleanze. La sorella del signore scaligero, Verde, sposò Niccolò (II) d’Este (1362); Cansignorio prese in moglie Agnese di Durazzo, figlia di Maria d’Angiò e di Carlo III di Durazzo. Quest’ultima unione non generò discendenti legittimi, ma Cansignorio ebbe comunque tre figli illegittimi: Bartolomeo, Antonio e Lucia.

 


Cariche politiche ricoperte in altre citt?:

Legami e controllo degli enti ecclesiastici, devozioni, culti religiosi:

La politica ecclesiastica di Cansignorio fu piuttosto spregiudicata: a partire dal 1361 attribuì alla “fattoria” scaligera di Vicenza l’amministrazione di tutti i beni dell’episcopio vicentino, dietro il pagamento di 2.000 fiorini al mese di fitto; a Verona, invece, rilevò tutti i diritti decimali, affidati poi alla gestione dei propri gastaldi, rimediando forse una scomunica.


Politica urbanistica e monumentale:

È ben noto il fervore edile di Cansignorio, che finanziò dispendiosi lavori pubblici e imprese monumentali, tesi a evocare la grandezza e il prestigio della propria signoria. In questo quadro si inseriscono la trasformazione dei palazzi scaligeri di Santa Maria Antica in una reggia con giardino e loggia decorata, l’elevazione della torre dell’orologio (nota come torre del Gardello), la costruzione della fontana di Madonna Verona in piazza delle Erbe, il rifacimento in pietra del ponte Navi sull’Adige, il ripristino dell’acquedotto cittadino. Furono tutti progetti che contribuirono a rafforzare l’idea di Verona “città marmorina”. Si ricorda che Cansignorio fu poi sepolto nella terza e ultima arca funebre di Santa Maria Antica, dove già sorgevano i maestosi sepolcri di Cangrande e Mastino (II). Allo stesso Cansignorio va ricondotta pure l’apertura di alcuni cantieri per migliorare la fortificazione della cinta muraria di Vicenza e di altri centri minori.


Politica culturale:

La corte di Cansignorio fu ben frequentata da uomini di lettere e artisti, fra i quali si segnala la presenza di Altichiero da Zevio e Iacopo Avanzi, impegnati nella decorazione dei palazzi scaligeri.


Consenso e dissensi:

Nel 1365 Cansignorio fece rinchiudere a vita il fratello Paolo Alboino nel castello di Peschiera, temendo una congiura (forse solo supposta), cui rispose scatenando una dura repressione. L’episodio non toccò i funzionari più in vista del governo scaligero, ma contribuì certamente ad alimentare un clima di vendette e sospetti in seno alla corte. Nel 1375, poco prima di morire, Cansignorio fece eliminare il fratello carcerato, con il deliberato proposito di spianare la strada alla successione dei due figli illegittimi Bartolomeo (II) e Antonio.


Giudizi dei contemporanei:

I due fratricidi di cui si macchiò Cansignorio indussero i cronisti coevi a trasmettere giudizi generalmente negativi sul suo conto, pur non mancando ammiratori, come il notaio vicentino Conforto da Costozza.


Fine della dominazione:

Morte di Cansignorio della Scala (1375).


Principali risorse documentarie:

Vedi scheda famiglia della Scala.


Bibliografia delle edizioni di fonti e degli studi:

Per un primo approccio si rimanda alla voce Della Scala, Cansignorio, a cura di G. M. Varanini, in DBI, 37 (1989), pp. 411-416 (con dettagliato elenco delle fonti e della bibliografia di riferimento). Vedi poi la bibliografia generale sotto la scheda dedicata alla famiglia della Scala.


Apporti nuovi di conoscenza:

Note eventuali: