Manfredi, Gian Galeazzo (I)


di:
Estremi anagrafici:

Primi anni ’70 del Trecento - 1417.



Durata cronologica della dominazione:

1410-1417.



Espansione territoriale della dominazione:

Faenza.

Origine e profilo della famiglia:

Vedi scheda famiglia Manfredi. Gian Galeazzo (I) era figlio di Astorgio (I).


Titoli formali:

Vicario generale in temporalibus di Faenza per la S. Sede (dal 1410); conte della Val di Lamone (dal 1413).


Modalità di accesso al potere:

Il padre del M., Astorgio (I), nel 1404 aveva spontaneamente rinunciato alla signoria su Faenza per dieci anni in cambio di una pensione da parte del papato. Nel 1410, tuttavia, Gian Galeazzo tornò in città con l’appoggio di Gregorio XII, papa di obbedienza romana, che lo considerava un buon alleato nell’ambito del grande scisma d’Occidente, e gli concesse subito il vicariato apostolico.


Legittimazioni:

Gian Galeazzo dominò Faenza con il solo titolo di vicario apostolico. Tuttavia, un interessante escamotage gli consentì di ottenere una legittimazione esplicita anche dalle istituzioni comunali. Nel 1410 fu emanato il nuovo statuto di Faenza, frutto del lavoro di revisione e correzione dei testi precedenti da parte di quattro esperti di diritto nominati dai consigli cittadini. Il signore non intervenne direttamente nell’operazione. Come si legge nello statuto stesso, tuttavia, sarebbero sorte contestazioni nell’applicazione delle norme, proprio a causa della mancata ratifica del M. Perciò, prosegue il testo, gli anziani, «scientes ipsorum statutorum approbationem spectare» a Gian Galeazzo, poiché egli «est Vicarius generalis ipsius civitatis et comitatus pro Ecclesia […] cum mero et mixto imperio et libera gladii potestate, cum baylia et auctoritate in dicta civitate condendi de novo Statuta, et corrigendi vetera» - come indicato nella bolla pontificia di concessione del vicariato – si recarono («accesserunt») dal signore e lo supplicarono di ratificare gli statuti «ex sibi concessa appostolica licentia». Cosa che egli fece il 31 dicembre del 1414, quattro anni dopo la promulgazione. Questa procedura è analiticamente descritta nella confirmatio posta proprio in apertura al testo statutario, in una posizione di grande visibilità. Essa può essere interpretata come una vera e propria azione pubblica che segnava, con grande efficacia, il riconoscimento formale del potere del M. da parte della magistratura al vertice delle istituzioni comunali. La legittimazione “interna” del dominio signorile manteneva dunque la sua importanza anche dopo la concessione del vicariato apostolico.

Gian Galeazzo, in effetti, legò strettamente la sua immagine al rinnovamento legislativo della città. La bolla pontificia che gli concedeva il vicariato apostolico nel 1410 gli trasmetteva esplicitamente, oltre al consueto merum et mixtum imperium e alla liberam gladii potestatem, la bayliam et auctoritatem in dicta civitate condendi de novo Statuta, et corrigendi vetera. Questa particolare specificazione fu con ogni probabilità introdotta nel testo della bolla su sollecitazione del M. stesso, e conferisce dunque una precisa impronta programmatica al vero e proprio “fervore statutario” che segnò Faenza negli anni di Gian Galeazzo. Oltre allo Statuto cittadino del 1410, furono emanati anche alcuni Statuti delle corporazioni artigiane: si conservano gli Statuti e la Matricola del’Arte dei Carpentieri, che comprendeva anche quella dei Calzolai, e gli Statuti e la Matricola della Lana gentile. Fu inoltre promulgato anche uno Statutum Faventinum circa Officiales Custodiae. Completa il quadro lo Statuto della Val di Lamone. In questo modo il M. si presentava nei panni del tutore e del garante del corretto svolgimento della vita amministrativa e giudiziaria della città.


Caratteristiche del sistema di governo:

Lo statuto del 1410 consente di conoscere i dettagli del funzionamento del sistema istituzionale faentino. Il consiglio generale era stato sostituito dal consiglio dei cento sapienti, che duravano in carica un anno, scelti per cooptazione con un iter piuttosto complesso. Tra i cento, in considerazione del numero di voti ricevuto da ciascuno nel corso della procedura di elezione, veniva selezionato un consiglio dei sessanta sapienti, e un altro consiglio dei dodici sapienti. I due consigli ristretti rimanevano in carica sei mesi. Il consiglio dei cento, quello dei sessanta e quello dei dodici nominavano tutti gli ufficiali necessari all’amministrazione della città. Il consiglio dei cento poteva essere convocato dal podestà o dal luogotenente del signore. Il podestà veniva scelto dal consiglio dei cento, secondo modalità stabilite di volta in volta. Si faceva tuttavia salva la possibilità per il signore di intervenire a suo piacimento nella scelta dell’ufficiale forestiero. Tutti i negotia riguardanti Faenza e il suo contado dovevano essere esaminati e discussi dagli anziani della città, che avevano un notevole potere decisionale. Gli anziani erano otto, due per quartiere, rimanevano in carica per un anno ed erano nominati dal luogotenente del signore affiancato dai dodici sapienti. Come si può notare, il richiamo al popolo – e persino, nella maggior parte delle rubriche, quello al comune, sostituito dal riferimento alla civitas – era scomparso dal sistema politico e istituzionale. Nonostante ciò, lo statuto manteneva in vita nuclei importanti della precedente legislazione antimagnatizia; in questo ambito si continuava a parlare di populares, in contrapposizione ai magnates.

 


Sistemi di alleanza:

Nel 1397 il M. aveva sposato Gentile Malatesta, sorella di Carlo, signore di Rimini, divenuto sul finire del XIV secolo uno dei personaggi chiave della politica italiana. Il M. rimase uno dei più fedeli alleati di Carlo, e fu probabilmente questa vicinanza ad attirarlo nello schieramento che appoggiava, nell’ambito dello scisma di Occidente, papa Gregorio XII, del quale il Malatesta era il principale sostenitore.

Ginevra, figlia di Gian Galeazzo, si unì a Ostasio di Obizzo da Polenta, che apparteneva alla stessa famiglia della nonna paterna, quella dei signori di Ravenna.


Cariche politiche ricoperte in altre citt?:

Nel 1411 e nel 1412 il M. combattè nelle vesti di capitano pontificio, al servizio di Gregorio XII, contro Giorgio Ordelaffi di Forlì, nominato vicario da Giovanni XXIII, e contro il proprio congiunto Ludovico di Almerico Manfredi, signore di Marradi, che aveva occupato il castello di Gattara, nell’alta Val di Lamone.


Legami e controllo degli enti ecclesiastici, devozioni, culti religiosi:

Politica urbanistica e monumentale:

Politica culturale:

Consenso e dissensi:

Giudizi dei contemporanei:

Fine della dominazione:

Morte, il 16 ottobre 1417.


Principali risorse documentarie:

L’unica fonte di una certa consistenza per la storia di Faenza nel medioevo sono le 2.051 pergamene, che coprono un arco cronologico che va dal 979 al 1828, conservate presso l’Archivio di Stato di Ravenna, Sezione di Archivio di Stato di Faenza. Su questo nucleo documentario si veda G. Rabotti, Vicende vecchie e recenti (vedi bibliografia). Tra i fondi confluiti nel diplomatico, di particolare importanza per lo studio della signoria manfrediana è la cosiddetta «Raccolta Azzurrini», composta da 462 pergamene. Molte di esse sono trascritte, per esteso o, più spesso, in regesto, in B. Azzurrini, Chronica breviora (vedi bibliografia), e in G. B. Mittarelli, Ad scriptores rerum italicarum (vedi bibliografia). Il panorama documentario è completato dagli Atti dei notai del mandamento di Faenza, sempre nella Sezione di Archivio di Stato di Faenza: 11 registri per il periodo dal 1367 al 1419 e 528 dal 1419 al 1550.


Bibliografia delle edizioni di fonti e degli studi:

Fonti: Tonduzzi G. C., Historie di Faenza, Faenza 1675; Mittarelli G. B., Ad scriptores rerum italicarum cl. Muratorii accessiones historicae faventinae, Venetiis 1771; Theiner A., Codex diplomaticus temporalis S. Sedis, Roma 1861-62, III; F. Sacchetti, Libro delle rime, a cura di A. Chiari, Bari 1936; Chronica breviora aliaque monumenta faventina a Bernardo Azzurrino collecta, a cura di A. Messeri, RIS2, XXVIII, 3, Città di Castello 1907; Statuta civitatis Faventiae, a c. di G. Ballardini, RIS2, XXVIII, 5, Città di Castello 1929; Magistri Tolosani Chronicon Faventinum, a cura di G. Rossini, RIS2, XXVIII, 1, Bologna 1936;

Studi: Malpeli L., Dissertazioni sulla storia antica di Bagnacavallo, Faenza 1806; Valgimigli G. M., Memorie istoriche di Faenza, vol. I, Faenza 1844; Panzavolta G., I Manfredi signori di Faenza, Faenza 1884; F. Argnani, Cenni storici sulla Zecca, sulle monete e medaglie dei Manfredi, Faenza 1886; Messeri A. – Calzi A., Faenza nella storia e nell’arte, Faenza 1909; Ballardini G., La costituzione della contea di Brisighella e di Val d’Amone, in «Valdilamone», VII (1927), pp. 23-30; Donati G., La fine della signoria dei Manfredi in Faenza, Torino 1938; Zama P., I Manfredi signori di Faenza, Faenza 1954; Larner J., Signorie di Romagna, Bologna 1972; Faenza: la città e l’architettura, a c. di F. Bertoni, Faenza 1978; Faenza. La basilica cattedrale, a cura di A. Savioli, Napoli 1988; Banzola M., I conti da Cunio fra Romagna e Sabina. Un approccio prosopografico, in «Studi Romagnoli», 41 (1990), pp. 378-414; Faenza nell’età dei Manfredi, Faenza 1990; Rabotti G., Vicende vecchie e recenti del «diplomatico» faentino, in «Studi romagnoli», XLI (1990), pp. 75-111; Repertorio degli statuti comunali emiliani e romagnoli (secc. XII-XVI), a cura di A. Vasina, Roma 1997-98, II, pp. 145-155; Tambini A., Storia delle arti figurative a Faenza, 3 voll, Faenza 2006-2009; Lazzarini I., voce Manfredi Gian Galeazzo, in DBI 68 (2007).


Apporti nuovi di conoscenza:

Note eventuali: