Smeducci, Smeduccio


di:
Estremi anagrafici:

Inizio XIV secolo (?) – 1372 (?).



Durata cronologica della dominazione:

Non si conoscono con precisione i tempi dell’ascesa al potere di Smeduccio, che impose la sua egemonia a San Severino verso la metà degli anni Venti del XIV secolo e che mantenne, pur con una breve interruzione nel 1339, per la durata della sua vita.



Espansione territoriale della dominazione:

San Severino e i castelli del contado. Quando nel 1339 lo S. fu cacciato da San Severino occupò il castello di Apiro e il castello di Ficano, ove fece costruire nuove fortificazioni. Nel 1359 l’autorità di Smeduccio si estese anche sui castelli di Domo e Rovellone, in area appenninica.

Origine e profilo della famiglia:

Vedi scheda famiglia Smeducci.


Titoli formali:

Vicario in temporalibus di San Severino perla Chiesa (dal 1359).


Modalità di accesso al potere:

L’ascesa dello S. si produsse nel contesto della cristallizzazione dei due schieramenti, guelfo e ghibellino, nella Marca: l’obbedienza papale di Smeduccio fu un elemento decisivo per l’affermazione della sua egemonia.


Legittimazioni:

In un’inchiesta politica svolta dal rettore pontificio Jen Dalpérier nelle Marche nel 1341, il console ed i priori del Comune di San Severino, chiamati a deporre, attestano che il precedente rettore Amelio di Lautrec (in carica fra 1317 e 1327), insediò lo S., definito fidelissimus partis Ecclesie, come ‘maggiorente’ (pro maiori) al fine di garantirsi la fedeltà della terra. Si tratta dunque di un riconoscimento e di una legittimazione dell’egemonia. Nel testo si sostiene anche che Smeduccio fu reintrodotto nella sua terra dal rettore papale, dopo che i suoi nemici interni lo avevano espulso.

Nel 1359 Urbano V concesse allo S. il titolo di ‘vicario pontificio’ della terra di San Severino per la durata di dieci anni. Nel 1367 Urbano V, al rinnovo della concessione del titolo di vicario per altri dieci anni, dato in cambio del pagamento di un censo annuo di 3000 fiorini, associò al governo della città i figli Cola e Bartolomeo (vedi scheda Bartolomeo Smeducci) e suo nipote Pietro.


Caratteristiche del sistema di governo:

Sistemi di alleanza:

Lo S. militò nello schieramento filopapale durante il pontificato di Giovanni XXII: nel novembre 1328, l’anno della lotta contro Ludovico il Bavaro, fu nominato capitano generale dell’esercito della Chiesa, succedendo nell’incarico a Tano Baligani di Jesi (vedi scheda Tano Baligani), allora leader dello schieramento guelfo. Nel settembre dello stesso anno Smeduccio è documentato a Fermo insieme ad altri signori guelfi, nei capitoli preliminari della pace fra il rettore provinciale da una parte, Mercenario di Monteverde (vedi scheda Mercenario da Monteverde) e i Comuni ghibellini dall’altra.

Nel 1353, cambiando repentinamente schieramento, lo S. strinse alleanza con Giovanni Visconti, ma poi si accordò segretamente con il card. Albornoz e consegnò a quest’ultimo la terra di Montecchio (od. Treia), ricevuta in custodia dai Malatesta; nel marzo 1355 prestò quindi il giuramento di sottomissione al cardinale legato e da allora la fedeltà alla Chiesa fu costante. Nel 1356 fu presente al Parlamento di Gubbio, mentre l’anno successivo al Parlamento generale di Fano, nel quale si promulgarono le Costituzioni.


Cariche politiche ricoperte in altre citt?:

Lo S. ricoprì incarichi militari perla   Chiesao per città guelfe: nel 1328, durante la lotta contro Ludovico il Bavaro, fu nominato capitano generale dell’esercito della Chiesa; nel 1358 fu capitano generale dell’esercito di Perugia nella guerra contro Siena.


Legami e controllo degli enti ecclesiastici, devozioni, culti religiosi:

Politica urbanistica e monumentale:

Lo S. commissionò nel 1372 la decorazione della cappella familiare nella chiesa maggiore di San Severino. In tale cappella, secondo le testimonianze degli eruditi locali del Sei e del Settecento, vi era una pittura nella quale Smeduccio fece raffigurare se stesso e le sue insegne, cioè una scala rossa inclinata in campo bianco. L’opera pittorica, stando all’epitaffio oggi perduto, fu realizzata da Diotallevi di Angeluccio di S. Anatolia.

Lo stesso stemma con la scala inclinata venne impresso in una grossa campana in bronzo, fusa nel 1372 (e poi rifusa nel 1826, riproducendo la stessa effigie).


Politica culturale:

Nel 1366 il consiglio del comune si riunì nella casa dello S. per deliberare la nomina di un maestro di grammatica da chiamare a San Severino; due anni dopo venne chiamato il maestro Mondino da Venezia e fu Smeduccio a definire il salario e la durata dell’insegnamento.


Consenso e dissensi:

Nel 1339 una sollevazione popolare costrinse lo S. a lasciare la sua terra e a trascorrere qualche mese ad Apiro come fuoriuscito.

Nel 1347 il partito guelfo, capeggiato dai Malatesta, da Smeduccio e dai Cima di Cingoli  rivolse al rettore Giovanni de Riparia una serie di accuse, quasi sicuramente infondate e montate ad arte, presso il tribunale del vescovo di Osimo: il rettore era accusato di aver calunniato i da Varano dinanzi al papa, di aver sostenuto Gentile da Mogliano (v. scheda Gentile da Mogliano) a Fermo e di aver attentato proditoriamente alla vita dello stesso S. in occasione di una funzione religiosa. Non si conosce l’esito di tali accuse.


Giudizi dei contemporanei:

Fine della dominazione:

Morte, nel 1372 (?).


Principali risorse documentarie:

Scarsi i documenti d’archivio riguardanti lo S. nell’Archivio di San Severino; tuttavia la documentazione, locale e non, non è mai stata sottoposta ad uno scavo sistematico per ricostruire un profilo della signoria.


Bibliografia delle edizioni di fonti e degli studi:

Fonti: C. Gentili, De ecclesia semtempedana libri tres, Macerata 1836; G. Pansa, Un documento inedito per la storia degli eretici e ribelli nelle Marche, in Archivio storico italiano, s. V, XXVI, fasc. 220 (1900), pp. 295-306.

Studi: Smeducci Cima Della Scala, in P. Litta, Famiglie celebri italiane, s.l., 1868-1872, vol. 16, n. 148 (con notevoli imprecisioni, fra cui l’assimilazione degli S. ai Cima di Cingoli); A. Gubinelli, San Severino Marche. Guida storico artistica, Macerata 1975; V. Villani, Comuni e signorie nel medioevo marchigiano. I signori di Buscareto, Ancona 1992.


Apporti nuovi di conoscenza:

Note eventuali: