Cacciaconti, Ildibrandino


di:
Estremi anagrafici:

…-1254



Durata cronologica della dominazione:

1240, 1251-52.



Espansione territoriale della dominazione:
Origine e profilo della famiglia:

I Cacciaconti rappresentarono, probabilmente, uno dei rami della discendenza di tal Winghisi che, negli anni 867-868, fu conte di Siena e di Roselle. Radicatisi soprattutto nei territori immediatamente ad oriente della città, nelle valli dell’Ombrone e dell’Asso, i Cacciaconti individuarono in Asciano il fulcro dei loro dominati, venendo conseguentemente chiamati –dal toponimo della loro principale sede- conti Scialenghi o “della Scialenga”. Inurbatisi, anche a seguito della sottomissione al Comune di Siena-nell’anno 1168- del loro principale castello, i membri della famiglia parteciparono attivamente al governo cittadino fin dai primi decenni del XIII secolo.


Titoli formali:

I. fu podestà di Siena e d’altre città dell’Italia settentrionale prima di divenire Capitano della lega ghibellina di Tuscia.


Modalità di accesso al potere:

Quantunque di schiatta aristocratica, fu appoggiando la sollevazione popolare del 1240 che I. acquisì una indiscussa preminenza nella vita politica cittadina, seppure nel pieno rispetto di quelle stesse istituzioni che il tumulto perorò. Eletto in quello stesso anno podestà senese, tornò a rivestire la medesima carica nel 1243, per essere poi nominato dal Consiglio di Siena, nel 1251, fra i tre Capitani della lega ghibellina.


Legittimazioni:

A partire dai primi anni Trenta del XIII secolo, I. si era qualificato come uno dei principali collaboratori del vicario imperiale Gheberard di Arnstein, venendo poi designato da Federico II podestà di Padova. Quando, nell’aprile 1240, in aperta contestazione del governo cittadino dei Grandi, scoppiò a Siena un tumulto popolare, I. divenne uno dei più attivi sostenitori della sollevazione. E’ un fatto che l’organizzazione di Popolo, a Siena come altrove, avesse bisogno per imporsi dell’appoggio di membri di quella stessa aristocrazia militare contro la quale si sollevava. Agli occhi dei tumultuanti il concorso di I., oltre a garantire un serbatoio di uomini di cui la famiglia Cacciaconti ancora disponeva nei suoi dominati comitatini, avrebbe posto l’azione del movimento entro l’alveo della fedeltà imperiale, evitando conseguentemente di urtare gli interessi staufici. Di contro, il Cacciaconti aderendo alla causa popolare poteva aspirare alla guida della componente più vitale della società cittadina assecondando un andamento i cui sviluppi dovevano essere stati sagacemente percepiti.

Scacciato dalla città il podestà modenese Manfredi di Sassuolo, il Popolo, interrompendo la pratica “aristocratica” di conferire l’incarico ad un forestiero, assegnò invece quell’ufficio allo stesso I., ormai riconosciuto uomo di spicco del movimento. Durante i nove mesi successivi, fidando su di un indiscussa autorevolezza personale, su di un ineguagliato ascendente sopra la parte popolare e su di una naturale capacità di dialogo con la componente aristocratica dalla quale proveniva, il Cacciaconti divenne il vero artefice della politica cittadina, senza tuttavia travalicare in alcun modo i compiti ed i limiti connessi alla carica detenuta.

Alla scadenza del mandato, lasciato in città Alberto di Nazzardo, giudice della magna curia e suo uomo di fiducia, I. poté assumere altri incarichi in seno alla struttura funzionariale che Federico II stava organizzando in tutto il Regnum.

Dopo aver nuovamente rivestito l’ufficio podestarile a Siena nel 1243, il Consiglio cittadino lo avrebbe infine nominato fra i tre Capitani della lega ghibellina stretta nel giugno 1251 con Pisa e Pistoia. Benché la terna di ufficiali dovesse avere ruoli paritetici, I. ascese di fatto alla guida dell’alleanza assumendo ampie facoltà decisionali e vedendosi affidare il denaro che le città contraenti avevano stanziato.


Caratteristiche del sistema di governo:

I disordini a seguito dei quali, nel 1240, I. si vide conferire la carica podestarile, rovesciando il precedente regime espressione della tradizionale aristocrazia cittadina, avevano eretto a massimo organo comunale un preesistente Consiglio dei XXIV, composto per metà di Popolani e per metà di Grandi. Ed infatti la compartecipazione al potere tra la vecchia dirigenza aristocratica e le nuove classi emergenti sarebbe in sostanza stato, di lì innanzi, l’elemento caratteristico dei nuovi assetti istituzionali.

In questo quadro, I. riuscì ad acquisire un generale controllo sugli indirizzi politici senesi ed una posizione di indubbia preminenza su tutta la compagine cittadina consolidando la posizione conquistata dallo schieramento popolare al più alto livello del governo ovvero incarnando gli interessi della componete sociale la quale aveva rappresentato l’anima della sollevazione. Tra le riforme promosse durante gli otto mesi immediatamente successivi sono infatti da ricordare quelle relativa al riordino dei sistemi di allibramento, nella direzione di una più equa ripartizione dei carichi fiscali, e quella relativa alla regolamentazione della vigilanza urbana, in linea con una sentita esigenza di tranquillità.


Sistemi di alleanza:

I. fu sempre un fervente sostenitore della causa sveva. Tra i più fidati collaboratori di Gheberard di Arnsetin prima e di Federico d’Antiochia poi, il Cacciaconti si accreditò come socius et familiaris di Federico II e di suo figlio Enzo presso le cui corti ebbe più volte modo di risiedere, quand’esse si stabilirono a Padova e Grosseto. Pur nel quadro di una tradizionale militanza filoimperiale della città, l’emersione di un Grande fedele dell’Impero alla testa del movimento popolare senese contribuì a legare ancor più strettamente gli interessi di questa parte alla causa staufica. Un legame che sarebbe sopravvissuto alla stessa parabola politica del Cacciaconti, interrompendosi, in sostanza, solo in conseguenza della sconfitta cittadina nella battaglia di Colle del 1269.


Cariche politiche ricoperte in altre citt?:

In qualità di fidelis dell’imperatore Federico II, I. fece parte attiva dell’entourge di Gebhard von Arnstein, accompagnando il legato imperiale a Reggio ed a Bologna, affiancandolo poi nella sua attività in tutta la Tuscia. Se in alcune di queste occasioni il Cacciaconti si fregiò del titolo di nuntius imperatoris, nel maggio 1238 ricevette dallo Svevo la nomina a podestà di Padova. Innanzi ad Ezzelino da Romano, vera guida politica della città, I. non poté però che recitare un ruolo subalterno, mantenendo comunque l’ufficio fino al successivo maggio.

Dopo aver guidato la sollevazione popolare a Siena, il Cacciaconti, ancora una volta su designazione dello stesso Imperatore, rivestì l’incarico podestarile a Città di Castello nel 1242. Tornato ad essere podestà di Siena nel 1243, lo fu ad Arezzo nel 1246, vedendosi poi affidare la guida dell’esercito imperiale che, nel 1250, operò nello stesso Aretino. Nel luglio 1251 fu eletto dal Consiglio di Siena fra i tre capitani della lega ghibellina, per tornare nuovamente ad assumere l’anno successivo la carica podestarile ad Arezzo, riconquistata alla causa imperiale proprio grazie all’intervento della lega stessa.


Legami e controllo degli enti ecclesiastici, devozioni, culti religiosi:

Politica urbanistica e monumentale:

Politica culturale:

Nel 1240 fu I., in qualità di podestà cittadino, ad imporre a quanti affittavano camere agli studenti forestieri una specifica tassa il cui ricavato sarebbe servito al pagamento degli stipendi dei docenti. E’ questo del Cacciaconti uno dei primi provvedimenti volti a tutelare lo Studium senese rendendolo destinatario di pubbliche entrate.


Consenso e dissensi:

Giudizi dei contemporanei:

Fine della dominazione:

I. morì prima del luglio 1252 interrompendo così una parabola politica nella quale Ernesto Sestan riconobbe alcuni elementi assimilabili ad un esperienza propriamente signorile. Nessuno dei discendenti di I. riuscì a conservare l’autorevolezza dell’avo né a recitare un ruolo di spicco nelle vicende politiche cittadine. Del resto la famiglia Cacciaconti, a partire dal 1277, fu inserita nei cataloghi magnatizi il cui diritto di partecipazione alla vita politica era fortemente regolato.


Principali risorse documentarie:

Stante la molteplicità di incarichi assunti dal Cacciaconti quale funzionario e fidelis imperiale, nonché il ruolo di guida del movimento popolare senese la documentazione inerente I. è particolarmente dispersa. Rimane traccia del suo operato oltre che in numerosi diplomi imperiali anche in alcune delle riformagioni senesi degli anni.


Bibliografia delle edizioni di fonti e degli studi:

Fonti: Arch. di Stato di Siena, Diplomatico,Riformagioni, 1240 dic. 26 e 29, 1243 sett. 4, 1248 ag. 13; Arch. Generale, 1243 ott. 5; Opera Metropolitana, 1243 giugno 20; J. L. A.Huillard-Bréholles, Historia diplomatica Friderici II, VI, 1, Paris 1860, pp. 152-54, 329-31; L. Banchi, Breve degli Officiali del Comune di Siena, in Arch. storico ital., s. 3, IV (1866), 2, pp. 48-49 n. 4; J. Ficker, Forschungen zur Reichs-und Rechtsgeschichte Italiens, IV, Innsbruck 1874, pp. 361 n. 333, 368 n. 340, 389-90 n. 367, 394-95 n. 374, 401-03 nn. 386-87; E. Winkelmann, Acta Imperii inedita, I, Innsbruck 1880, pp. 295-96 n. 31-32; J. F. Böhmer-J. Ficker-E. Winkelmann, Regesta Imperii, V, Innsbruck 1881-1901, nn. 2052, 3408, 3492, 4565, 7837, 13068, 13112, 13251e, 13285, 13432, 13434, 13466, 13489, 13586, 13615, 13826, 13833-34; L. Zdekauer, Il constituto del Comune di Siena dell'anno 1262, Milano 1897, pp. LXVI, 103 (I, 258), 131 (I, 344), 276-77 (III, 4), 361-62 (III, 282); Salimbene de Adam, Cronica, a cura di G. Scalia, traduzione di B. Rozzi, MUP, Parma 2007, ad indicem; Rolandini Patavini Cronica, in Rerum Ital. Script., 2 ediz., VIII, 1, a cura di A. Bonardi, pp. 58-59; Annales Patavini, in ibid.; pp. 185, 202, 226; F. Schneider, Toscanische Studien, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, XI (1908), pp. 296-98; XII (1909), pp. 51, 57-58, 62-64; XIII (1910), pp. 11, 62-64; A. Lisini, Inventario dell'Archivio Diplomatico, in Bull. senese di storia patria, XV (1908), pp. 277-78, 281, 405; XVI (1909), pp. 73, 92-93, 95-96, 361; Annales Arretinorum, in Rerum Ital. Script., 2 ediz., XXIV, 1, a cura di A. Bini e G. Grazzini, pp. 5-6; F. Schneider, Regestum Senense, I, Roma 1911, pp. 250 n. 558, 254 n. 567, 415 n. 937, 429 n. 971; U. Pasqui, Documenti per la storia della città di Arezzo nel medio evo, II, Firenze 1916-20, pp. 112-13 nota, 268-69 n. 573, 280 n. 585; Libri dell'entrata e dell'uscita della Repubblica di Siena detti del Camarlingo e dei quattro provveditori della Biccherna, IV, Siena 1926, pp. 44, 155, 176, 194; V-VI, ibid. 1929, pp. 14, 18, 21-24, 50; VIII, Firenze 1932, pp. 14, 90; IX., ibid. 1933, pp. 9, 24, 149; XI, ibid. 1935, p. 87; XII, ibid. 1935, pp. 69-70, 743 80, 90, 93, 123-24; XIII, ibid. 1939, p. 74; XV, ibid. 1939, pp. 10-11, 57, 151; Cronaca senese di autore anonimo, in Rerum Ital. Script., 2 ediz., XV, 6, a cura di A. Lisini e F. Iacometti, p. 52; Cronaca senese conosciuta sotto il nome di Paolo di Tommaso Montauri, ibid., p. 191; G. Cecchini, Il Caleffo Vecchio del Comune di Siena, II, Siena 1934, pp. 527 n. 350, 533-36 n. 361, 718-59 nn. 5313 533, 535, 537-39, 542-43, 545-57, 808 s. n. 586.

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Apporti nuovi di conoscenza:

Note eventuali: