Landi, Ubertino


di:
Estremi anagrafici:

 ante 1220 - 1298



Durata cronologica della dominazione:

1253-1257, 1261-1266



Espansione territoriale della dominazione:

Piacenza

Origine e profilo della famiglia:

vedi scheda famiglia


Titoli formali:

Ubertino non ottenne né cercò mai una fomalizzazione del proprio potere. Non è certa la sua carica come console e capitano del popolo nel 1254 perché probabilmente già ricoperta da Oberto de Iniquitate.


Modalità di accesso al potere:

La prima salita al potere del Landi fu la conseguenza della riammissione dei ghibellini in città nel 1251 ad opera dei popolari guidati da Oberto dell’Iniquitate. L’appoggio del Pelavicino, signore di Cremona e vicario imperiale, fu fondamentale per ruscire ad ottenere la signoria di fatto della città.

La sua seconda dominazione, dal 1261, invece legata ad una generale riscossa delle forze ghibelline in Lombardia. A questo si aggiunse anche il malgoverno di Alberto Fontana che spinse i piacentini a richiamare in patria l’antico signore.


Legittimazioni:

Il potere del Landi su Piacenza era legittimato semplicemente dal proprio rapporto con il Pelavicino che in quel tempo ricopriva il ruolo di podestà perpetuo. Secondo una pratica già sperimentata a Cremona, il marchese era solito tenere per sé il titolo formale ed esercitare la propria autorità attraverso vicari, ma permetteva la formazione di signorie “incapsulate” da parte di suoi fedelissimi espressione della società cittadina. Questo ruolo venne ricoperto a Piacenza da Ubertino Landi.


Caratteristiche del sistema di governo:

Il potere di Ubertino non si esercitò mai all’interno di un quadro instituzionale, ma agì come luogotenente di Oberto Pelavicino. Resse la sua posizione di preminenza sull’appoggio del popolo, che a piacenza non fu in grado di esprimere una leadership autonoma ma si appoggiò all’antica aristocrazia. Egli però fu in grado di controllare le finanze del comune facendosi attribuire gli appalti per la riscossione dei dazi lungo il Po. Le sue enormi ricchezze gli permisero di diventare signore feudale o direttamente proprietario della maggior parte del distretto piacentino, soprattutto in val Taro, val Trebbia Val Tidone e val Ceno: il controllo del territorio e l’espansione del proprio patrimonio personale furono le linee guida della sua politica sul fronte interno. A questo si aggiunse la dura repressione nei confronti degli avversari politici, come Alberto Fontana, anche attraverso l’azione militare contro le loro roccaforti nel contado.


Sistemi di alleanza:

 Durante tutta la sua carriera il Landi fu un fiero partigiano dello schieramento filo-imperiale. Dopo la morte di Federico II, restò fedele alla causa degli Svevi appoggiando l’ascesa di Manfredi (del quale fu probabilmente cugino per parte di madre) che lo ricompensò con il conferimento del titolo di conte del Venafro. Prese parte attiva nella battaglia di Benevento dove i suoi due figli vennero presi in ostaggio da Carlo d’Angiò.

Altro polo di alleanza, sempre all’interno dello scieramento ghibellino, fu il marchese Oberto Pelavicino signore di Cremona. Il rapporto fra i due fu di reciproco aiuto per il mantenimento della signoria su Piacenza. Il marchese utilizzava il proprio potere istituzionale per concedere privilegi al Landi che garantiva però il controllo del territorio e la supremazia ghibellina in città.


Cariche politiche ricoperte in altre citt?:

Prima di instaurare la propria signoria su Piacenza, il Landi fu artefice di una brillante carriera podestarile nel circuito ghibellino di Federico II.


Legami e controllo degli enti ecclesiastici, devozioni, culti religiosi:

Sotto il dominio ghibellino del Landi e del Pelavicino trovarono rifugio a Piacenza nuclei di catari, anche provenienti dalla Provenza che vennero poi repressi dall’azione dei legati papali nella seconda metà degli anni ’60 del XIII secolo.

Dal punto di vista dell’accrescimento del proprio patrimonio fondiario, il Landi seppe sfruttare a suo favore la parentela con il vescovo di Bobbio Alberto Landi. Da questi acquistò per 6500 lire genovesi giuridizioni feudali e terre nell’appenino piacentino ai confini con il territorio pavese tra cui i castelli di Romagnese, Ruino e Zavattarello (cedutogli parte dal vescovo di Bobbio e parte dal comune di Piacenza). Approfittando della propria supremazia in città riuscì a farsi concedere dal capitolo della cattedrale di Piacenza il castello di Montereggio.

Dopo che la sua dominazione era terminata, negli anni ’80, donò il terreno ai francescani perchè potessero costruire il loro convento nella contrada di Santa Maria del Cairo.


Politica urbanistica e monumentale:

Nel 1256, appena fuori dalle mura di Piacenza installò una grandiosa azienda agricola famosa per il maestoso jardinus che si rifaceva alla tradizione araba della corte palermitana di Federico II e Manfredi, così da rimarcare il proprio legame con la casata sveva.

Durante il suo primo dominio sulla città, grazie alla propria inesauribile disponibilità finanziaria, riuscì ad acquistare e permutare immobili in prossimità della cinta muraria cittadina nel sestiere di Porta Nuova dove edificò un castello collegato ai fossati della cerchia difensiva urbana, poi distrutto in seguito all’insurrezione contro di lui. La costruzione di un vero e proprio castello, situato in una posizione così strategica dimostra come quella del Landi una vera e propria dominazione cresciuta sotto la protezione del Pelavicino.


Politica culturale:

Consenso e dissensi:

Nel 1257 la nobiltà e il popolo di parte ghibellina preoccupati dello strapotere del Landi lo assediarono nel suo castello cittadino. Dopo la sua resa il castello fu distrutto insieme a tutto il quartiere nel quale aveva enormi proprietà. La rivolta fu animata dalle grandi famiglie mercantili che mal sopportavano le continue imposizioni fiscali: il Landi controllava infatti le maggiori vie di cominicazione sia terrestri sia fluviali ed era stato investito dal governo del Pelavicino della riscossione delle imposte.


Giudizi dei contemporanei:

Fine della dominazione:

La fine della sua prima dominazione, nel 1257, fu dovuta ai malcontenti suscitati sia nel popolo sia nell’aristocrazia ghibellina, che lo aveva fino ad allora sostenuto, a causa del suo governo rapace e poco attento agli equilibri cittadini. La seconda dominazione terminò a causa della sconfitta del fronte ghibellino a livello nazionale e il giuramento di fedeltà fatto da Piacenza ai legati pontifici nel 1266. In seguito il Landi fu cacciato ancora una volta per poi ritornare in città senza però riuscire ad ottenere il potere. Il suo definitivo allontanamento da Piacenza si ebbe allorchè gli Scotti, guelfi, iniziarono ad assumere un ruolo di rilievo in città.


Principali risorse documentarie:

Vedi scheda famiglie.


Bibliografia delle edizioni di fonti e degli studi:

Su Ubertino Landi, oltre alla voce di E. Angiolini sul DBI si vedano anche gli atti del convegno Ubertino Landi nell'Italia del Duecento. Convegno di Compiano-Bedonia, 10-11 giugno 2005 pubblicati in R. Greci, a c. di, Studi sul Medioevo emiliano. Parma e Piacenza in età comunale, Bologna, 2009.


Apporti nuovi di conoscenza:

Note eventuali: